Evasione fiscale: proposta una tassa sui bancomat
L’evasione fiscale resta uno dei problemi primari della nostra società. Non a caso, secondo le stime fatte, si arriva a un valore di 100 miliardi di euro. E non per forza si tratta di grandi evasori, ma ora il Ministero dell’Economia e delle finanze in Italia vuole arrivare a fondo.
Chiaramente per ridurre la perdita, senza però andare ad aumentare l’Iva, si è giunti a una nuova ipotesi che chiama in causa il denaro contante e i bancomat. Confindustria ha infatti deciso di proporre una tassa sui contanti in modo da lottare contro lʼevasione.
L’idea è quella di incentivare l’uso di moneta elettronica, andando a introdurre una commissione del 2% sui prelievi, e un credito di imposta del 2% sui pagamenti elettronici.
La tassa che vuole frenare l’evasione fiscale
La tassa al 2% sui prelievi, che vuole esentare quelli che arrivano fino a 1.500 euro mensili, porterebbe a un gettito extra di 3,4 miliardi l’anno. Questa è solo una delle tante attività che sono previste dalla manovra di bilancio del Governo Conte bis. Se si vuole tenere a freno l’aumento dell’Iva, bisognerà trovare 25 miliardi di euro, e per questo l’iniziativa sulla tassazione del bancomat potrebbe essere una soluzione ideale.
Non dimentichiamo poi il bisogno di garantire una serie di fondi per coprire le promesse già fatte ai cittadini, che comprendono la riduzione della pressione fiscale, investimenti nel Sud Italia ed ecobonus.
Dopo aver introdotto di recente la fatturazione elettronica, serve ora un nuovo modo per poter dare un freno importante agli evasori. Al tempo stesso si vuole lanciare un trend importante, che ha ottenuto grande fortuna all’estero.
Giù le mani dai contanti: la cultura dei pagamenti digitali
L’Italia è ancora oggi uno dei pochissimi Paesi al mondo in cui si continua a non utilizzare con piacere le carte di pagamento. Sembra quindi che vi sia maggior piacere a prelevare il denaro e usarlo in contanti, piuttosto che utilizzare le carte per terminare le transazioni. I dati dicono che la media europea arriva a 100 transazioni pro-capite annue, ma noi italiani siamo fermi a meno della metà.
Uno studio effettuato sui digital payments e firmato da Assofin, Nomisma Crif e GfK, ci ha mostrato un lieve incremento pari all’1,9% dell’uso delle parte per i pagamenti. Ma il dato risale all’anno che va dal 2016 al 2017.
Ora viene da chiedersi come reagiranno i cittadini italiani nel sapere che si vuole puntare in tutto e per tutto alla diffusione dei pagamenti digitali.